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Il terminsindrome metabolicae “sindrome metabolica” indica un insieme di fattori di rischio di origine metabolica, quali l’obesità, l’ipertensione e la dislipidemia che aumentano la possibilità di sviluppare malattie cardiovascolari, ictus e diabete. La sindrome metabolica (detta in precedenza anche sindrome “X” o sindrome plurimetabolica) è una condizione largamente diffusa nella popolazione e il rischio di sviluppare la sindrome cresce con l’aumentare dell’età.

Nel 2001, il National Cholesterol Educational Program (NCEP) Adult Treatment Panel III (ATP III) ha proposto una semplice serie di criteri diagnostici basati su comuni misure cliniche comprendenti: circonferenza del giro vita, trigliceridi, colesterolo HDL, pressione arteriosa e glicemia a digiuno.
La presenza di alterazioni di 3 di queste 5 misure costituisce una diagnosi di sindrome metabolica. I criteri diagnostici NCEP-ATP III per la sindrome metabolica sono i seguenti:

  • Obesità addominale: circonferenza del giro vita maggiore o uguale a 102 cm negli uomini e 88 m nelle donne
  • Ipertrigliceridemia: maggiore o uguale a 150 mg/dl (1,70mmol/L)
  • Ridotti livelli di colesterolo HDL: minore di 40 mg/dl (1,04 mmol/L) negli uomini e di 50 mg/dl (1,29 mmol/L) nelle donne;
  • Ipertensione arteriosa: maggiore o uguale a 130 mmHg per la pressione sistolica ed 85 mmHg per la pressione diastolica;
  • Iperglicemia a digiuno: maggiore o uguale a 100 mg/dl

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Altre condizioni associate alla sindrome metabolica ma non incluse nei criteri APT III sono la tendenza a stati pro-trombotici e pro-infiammatori. Le condizioni sopraelencate che determinano la diagnosi della sindrome metabolica difficilmente si manifestano con una sintomatologia tale da allarmare il paziente: infatti la maggior parte dei soggetti colpiti si sente bene e non presenta sintomi, tuttavia queste persone hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie gravi come diabete e patologie cardiovascolari soprattutto in presenza di familiarità positiva; in questi casi è necessario modificare le proprie abitudini alimentari, eliminare il fumo di sigarette, praticare una corretta attività fisica.

La sindrome metabolica è molto diffusa nelle società industrializzate; per esempio, negli Stati Uniti è stato stimato che il 20% degli adulti (circa 47 milioni) ha la sindrome metabolica, con una prevalenza di circa il 50% nei soggetti anziani. Questo può essere attribuito per larga misura al sovrappeso, in particolare all’obesità addominale e all’inattività fisica.

La causa precisa della sindrome metabolica non è nota anche se esistono evidenze di alcuni fattori ambientali, quali l’inattività fisica, una dieta ad alto contenuto di carboidrati, e fattori genetici, per definizione non modificabili. Sebbene il meccanismo patogenetico non sia pienamente conosciuto, causa scatenante sembra essere l’insulino-resistenza.

Tutti i fattori associati alla sindrome metabolica sono tra loro correlati. L’obesità e la mancanza di esercizio fisico favoriscono l’insorgere dell’insulino-resistenza. Quest’ ultima ha effetti negativi sul metabolismo lipidico, determinando aumento del colesterolo LDL (Low Density Lipoprotein) e dei trigliceridi, diminuendo invece i livelli di colesterolo HDL (High Density Lipoprotein). L’insulino-resistenza, inoltre, modifica l’equilibrio tra fattori protrombotici e fibrinolitici a favore dei primi, contribuendo anche attraverso questo meccanismoall’aterosclerosi precoce e all’instabilità delle placche ateromasiche. All’insulino-resistenza è associata anche una aumentata incidenza di trombosi cardiovascolare e strokes. La sodio-ritenzione causata dall’iperinsulinismo porta ad un aumento pressorio che può evolvere in ipertensione arteriosa. In ultima analisi quindi l’iperglicemia cronica può determinare danno vascolare e d’organo, specie a livello renale nonché insorgenza di diabete.

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